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Sogno e segno differiscono per una lettera soltanto e sono strettamente correlati. Ciro Fanelli costruisce un tappeto di riflessioni, digressioni, analisi che nascono da visioni oniriche, ma che non si esauriscono nella personale autoanalisi dell'autore. Il calembour del titolo denuncia infatti il carattere corsaro di questi scritti, corredati da disegni funambolici, da rappresentazioni che mettono in ginocchio l'evidenza del luogo comune. Come ad esempio l'ovvietà della caratterizzazione dei personaggi in un testo sacro della graphic novel come Maus: "Tutto il discorso si basava su questa idea: se tu mi rappresenti i tedeschi come gatti e gli ebrei come topi non si parla più di cattiveria umana, ma di corso naturale delle cose, badate, non è una giustificazione storica sull'argomento tanto delicato e sul quale la penso al contrario di ciò che sto scrivendo qui, ma parliamo di infelice capacità di astrazione...". Un pensiero che si disegna come una lama, che alza la testa e ha il coraggio di nominare la realtà e la sua apparente imparzialità. Un po' come succede nei sogni.